sabato 22 febbraio 2014

Un canto in tempo di depressione

Ecco a voi, dopo tanto che non pubblico nulla, un'interpretazione poetica di Mary Austin di un canto tradizionale Paiute, una tribù nativa del Nord America. Credo rispecchi molto fedelmente lo stato d'animo in cui si ritrovano le nuove generazioni - e non solo - in questo momento di crisi, economica ma anche culturale. Si perdono di vista punti di riferimento e anche i propri sogni, non si sa più dove guardare...

Ora tutti i miei sogni melodiosi se ne sono andati
ma nessuno sa dove
e seguendo quali vie mi abbiano lasciato.

Tornate, oh Sogni del mio cuore,
e cantate nel crepuscolo estivo,
vicino all'insenatura e al bosco di mandorli
e al campo circondato dai lupini!

Ora rifugio devo cercarlo
nella cavità di spalle amiche,
perché il canto ha smesso di pulsarmi nelle vene
e la terra e il cielo non mi vogliono;
ora devo star vicino agli occhi di un amico
quando le alte e chiare stelle mi sono avverse.

Dolcissimo è il rifugio della fede;
tornate e cantate, oh Sogni miei,
nei palpitanti pascoli bagnati dalla rugiada,
finché l'amore per la vita non si risvegli
e la forza delle colline torni a sorreggermi.

venerdì 28 giugno 2013

Inno a Venere (De rerum natura - Lucrezio)

nàm tu sòla potès | tranquìlla pàce iuvàre
mòrtalìs, | quoniàm bellì | fera moènera Màvors
àrmipotèns regit, ìn | gremiùm qui saèpe tuùm se
rèiicit aèternò | devìctus vùlnere amòris,
àtque ita sùspicièns | teretì cervìce repòsta
pàscit amòre avidòs | inhiàns in tè, dea, vìsus
èque tuò pendèt | resupìni spìritus òre.

Infatti tu sola puoi giovare ai mortali con una tranquilla pace, perché le feroci occupazioni della guerra (le) governa Marte bellicoso, che spesso si abbandona sul tuo grembo, vinto dall’eterna ferita d’amore, e così levando lo sguardo, reclinato il morbido [ben tornito] collo, nutre d’amore gli avidi sguardi, anelando a te, o dea, e dalla tua bocca pende il respiro (di lui) abbandonato (su di te).


Mi sento enormemente ispirata da questi versi, quest'oggi. Devo ammettere di aver studiato il "De rerum natura" di Lucrezio in modo molto apprassimativo, pressocché solo ed esclusivamente in italiano, eppure l'"Inno a Venere", che ne costituisce il proemio, me lo ricordo ancora. Persino la lettura in metrica, che ho così fortunatamente trovato su internet. E questo grazie all'immagine che mi ha comunicato, così netta, semplice, quanto intensa. Un uomo - un dio - in grembo alla sua donna - anch'essa divina. Da quando ho studiato con tanta leggerezza questo passo, questo quadretto tanto basilare mi è sempre venuto in mente, ogniqualvolta guardavo un film d'amore, o che fantasticavo ad occhi aperti su ragazzi che vedevo in giro, belli per carità, ma per cui non esistevo nemmeno.
Questa scena fa parte di quei desideri non realizzati che Freud diceva si concretizzassero nei nostri sogni notturni. Di per sé è banale, ma diventa scontata, perde d'importanza quando ti accorgi che a te una cosa del genere, completa di quella "eterna ferita d'amore" e di "avido sguardo" con capiterà mai. Perché è troppo sublime, è realmente qualcosa di alto, intoccabile, che ha a che vedere con l'arte, con la suprema forma di umanità.
Ebbene, mi sbagliavo. Per me, questi pochi versi, incompleti, perfetti, hanno assunto un significato più importante ancora. Più di un ricordo, più di un'esperienza. Si sono tramutati in una specie di legame, più solido dell'adamantio e della tela di Spiderman(dovrete farci l'abitudine, alle mie metafore nerd).
E' successo che ero con Pan, che era parecchio stanco, e mi sono messa a cullarlo come al solito. Al ché mi è venuta in mente la scena di Venere e Marte. Così gli ho chiesto perché gli piacesse tanto starmi in grembo, e lui se ne esce con la storia di Marte e Venere. Non si può immaginare quanto fossi felice nel momento in cui ho capito di cosa stesse parlando, tant'é che l'ho anche interrotto, quasi per completare la citazione. C'è un'empatia, una sincronia tra noi come non l'ho mai sperimentata con nessun altro. All'inizio la buttavo sul ridere, dicendo: «Massì, abbiamo un neurone solo in comune!». Dopo questo episodio, però, sono rimasta basita.
Esiste veramente qualcosa di tanto potente da legare in questa maniera due persone. E' invisibile, raro, ma quando si presenta stupisce tutti.
L'Amore ci rende uomini, e non è un caso che per i Greci dell'antichità Afrodite fosse anche la dea della Bellezza. Siamo umani non solo perché siamo in grado di amare - sappiano i chimici che non crederò mai che sia solo una questione di concentrazioni ormonali nel sangue! - ma anche e soprattutto perché comprendiamo la Bellezza, che guardacaso è la colonna portante dell'arte. E senza l'arte, senza la letteratura, l'archittettura e così via, saremmo animali fino in fondo. Grazie a Venere siamo sì animali nei nostri istinti, ma anche primati capaci di guardare il mondo con occhi diversi. Riusciamo a vedere la forma della scultura quando è ancora imprigionata nel blocco di marmo, solo perché abbiamo Amore per le cose belle, come diceva Platone. Siamo esseri grezzi che si rendono conto della propria bassezza e che cercano di possedere il bello.
La mia autostima è notevolmente aumentata negli ultimi mesi, quindi Platone ha sbagliato qualche calcolo secondo me.

martedì 16 aprile 2013

I ragazzi che si amano - Jacques Prévert

I ragazzi che si amano si baciano
In piedi contro le porte della notte
I passanti che passano se li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
E se qualcosa trema nella notte
Non sono loro ma la loro ombra
Per far rabbia ai passanti
Per far rabbia disprezzo invidia riso
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Sono altrove lontano più lontano della notte
Più in alto del giorno
Nella luce accecante del loro primo amore

domenica 14 aprile 2013

Nietzsche - Critica al Cristianesimo

Oggi non voglio scrivervi la solita pappardella di mio pugno, non mi va.
Voglio piuttosto comunicarvi una mia neonata passione: Nietzsche. So che egli è stato manipolato e usurpato nella sua assoluta "figaggine" da Hitler e dal fascismo, e immagino che egli stesso avrebbe voluto morire una seconda volta al solo pensiero di essere stato frainteso. So bene che essendo ateo si è scagliato in maniera particolare contro giudaismo e cristianesimo, ma ha anche apertamente polemizzato contro l'antisemitismo. Come scrive Giulia Sapi in un articolo a riguardo su http://ospitiweb.indire.it/~copc0001/ebraismo/il1.htm:  assurdo e repellente risulta l'antisemitismo, poiché non fa altro che esprimere il "risentimento" dei falliti contro i benriusciti, contro le posizioni di prestigio professionale occupate dagli ebrei. Sono parole dello stesso Nietzsche.
In effetti però, la sua teoria della "violenza del superuomo" è stata ripresa dal nazionalsocialismo, ed è importante ora interpretare correttamente il complesso pensiero di questo filosofo. Ma delle sue teorie non mi intendo, per ora ho solo letto il "Tentativo di autocritica" anteposto alla "Nascita della Tragedia", e aggiunto dell'autore quindici anni dopo la prima edizione di quest'opera giovanile. 
In breve, anche se è molto difficile per me sintetizzare un testo tanto sublime, egli intende spiegarci come il dionisiaco, il gusto per il brutto, l'orrorifico, per una visione del mondo dominata dalle passioni, sia scomparso dalla faccia della terra. Da quando Socrate rifiutò di unirsi ad Alcibiade preferendo il filosofare, da quando egli mise in primo piano le regole della virtù e della morale, non c'è stato più un freno a fermare questa rovinosa caduta. La nostra caduta verso l'intellettualismo etico e la religione che è pura morale, cioè il Cristianesimo. 
Ora vi propongo un passo di questo "Tentativo di autocritica", senza commentarlo. Provateci voi, vi assicuro che una grossa fetta di voi si gaserà moltissimo. 
Se siete praticanti potreste odiarmi: questo è il pensiero di Nietzsche, ma lo condivido, ed è una bellezza vedere formalizzato in parole così alte il mio rozzo punto di vista.

Buona lettura!!

L'odio contro il «mondo», la maledizione delle passioni, la paura della bellezza e
della sensualità, un al di là inventato per meglio calunniare l'al di qua, in fondo
un'aspirazione al nulla, alla fine, al riposo, fino al «sabato dei sabati» - tutto ciò,
come pure l'assoluta volontà del cristianesimo di far valere soltanto valori morali, mi
parve sempre la forma più pericolosa e sinistra di tutte le forme possibili di una
«volontà di morte», o almeno un segno di profondissima malattia, stanchezza, di
malessere, esaurimento, impoverimento di vita; giacché di fronte alla morale
(soprattutto cristiana, cioè alla morale assoluta) la vita deve avere costantemente e
inevitabilmente torto, dato che la vita è qualcosa di essenzialmente immorale – e la
vita deve infine, schiacciata sotto il peso del disprezzo e dell'eterno «no», essere
sentita come indegna di essere desiderata, come priva di valore in sé. La morale
stessa, – ebbene, la morale non sarebbe una «volontà di negazione della vita», un
segreto istinto di distruzione, un principio di decadenza, di discredito, di calunnia,
un inizio della fine? E, conseguentemente, il pericolo dei pericoli? Contro la morale
si volse dunque allora, con questo libro problematico, il mio istinto, come un istinto
che parla in favore della vita, e inventò una sistematica controdottrina e
controvalutazione della vita, una valutazione puramente artistica, una valutazione
anticristiana. Come chiamarla? Da filologo e da uomo delle parole la battezzai, non
senza una certa libertà – giacché chi saprebbe l'esatto nome dell'Anticristo? – con il
nome di un dio greco: la chiamai la valutazione dionisiaca (ivi, pp. 10-11).

sabato 9 marzo 2013

Non ti mangio più

Ho una notizia di cui non ho ancora informato gli amici della rete (inizio così, facciamo finta che l'ultimo post non sia dell'anno scorso...). Sono felice, non immaginate quanto. Mi sento davvero meglio con me stessa, perché ormai da sei mesi sono vegetariana. O meglio ovo-latto-vegetariana, perché proprio i vegani non riesco a capirli. Ma andiamo per gradi... E' iniziato tutto penso in occasione del ferragosto: non sono riuscita a mangiare nulla, forse solo una salsiccia striminzita, dopodiché la nausea mi ha impedito, da quel momento in poi, di cibarmi di carne. A dir il vero solo quella volta ho avuto la nausea, ma grazie a questo fortuito ribaltamento dello stomaco ho capito cosa mi ci voleva. Devo dire che adesso mi sento veramente meglio, anche se son conscia che grushenka considera tutte le motivazioni etiche di questa scelta come scuse per non ammettere che non mi piace la carne e basta. Mi piace sì, se le Mcnuggets non fossero pulcini triturati le mangerei ancora, statene pur certi. Comunque gli esami vanno bene, ho un colesterolo meravigliosamente in linea, e le mense imbandite di cadaveri non mi mancano più di tanto. Sto usando un linguaggio crudo perché sono convinta che non sia una cosa da tutti, vedere la bistecca e la mucca come una cosa unica. E' il motivo per cui siamo onnivori, nel bene e nel male: non associamo al cibo l'essere animato che è stato immolato per i nostri palati. Sono sicura che chi di voi lettori non è vegetariano dirà che son tutte balle, ma è così. Degli animali muoiono ogni momento per il nostro piacere culinario. Dico nostro perché c'era dentro anch'io. Noi chiediamo: "Cosa c'è per cena?", ma dovremmo chiederci chi stiamo per divorare. Ma scindiamo la bestia dal ragù, non ci viene naturale. Perché non abbiamo la cultura della condivisione, la teoria evolutiva di Darwin ci ha insegnato che siamo al vertice della catena alimentare, evolutiva, siamo quasi una razza stabile, siamo praticamente arrivati all'apice del successo. Siamo rockstar, e la Terra è il nostro palcoscenico permanente. Peccato che nella nostra scalata, e nel faticoso mantenimento di tale status, stiamo distruggendo tutte le altre forme di vita. Non ce ne sarebbe bisogno, se accettassimo di condividere questo pianeta con le altre creature. Non posso credere che ci sia ancora gente che crede che "Dio a creato gli animali e le piante per servire l'uomo", oppure che "Dio ci ha fatti onnivori, dobbiamo obbedire alla sua legge". Ne faccio un fatto evolutivo: ci sono individui della razza umana che hanno sviluppato la capacità emotiva che permette loro di credere che non sia più questione di predominio, di prerogativa, di egemonia, ma questione di vivere in armonia. In questo credo che la dieta vegana sia distruttiva almeno quanto l'eccessivo consumo di carne: se rifiutiamo dalla natura ciò che in modo spontaneo essa ci dona, come possiamo comprendere appieno la necessità di vivere senza spargere il sangue di altre creature viventi? Dobbiamo vivere nel rispetto degli animali, riconoscendogli l'innata capacità di soffrire, anche psicologicamente (vedere i pipistrelli), accettando i loro frutti senza interrompere  il corso delle loro vite. Non siamo fatti per cibarci di carne, perché abbiamo bisogno di strumenti estranei al nostro organismo per abbatterli. Se vuoi mangiare un cervo, ammazzalo a mani nude, prova a sopportare la vista di maiali sventrati appesi nei macelli. Se ci fate caso, il percorso che il vostro cibo fa per arrivare nelle vostre cucine è quanto di più top secret ci possa essere: quanta fatica devono fare gli attivisti per penetrare in questa sanguinosa catena per portarci video a dir poco raccapriccianti. Non riesco ad andare oltre il minuto e mezzo, in alcuni di essi. Sapete perché è tutto così occultato? Non mangereste più quelle belle mortadelle rosee se sapeste come vengono prodotte, con quali torture per i maiali! Questo lo diceva Tolstoj, non l'ultimo degli stronzi. A volte penso che questi video (tranquillamente reperibili su internet) dovrebbero essere trasmessi a telegiornale, ma sarebbe un atto troppo estremista, anche per una come me. Non si possono costringere miliardi di persone a rimirare la morte che stanno lentamente digerendo.

Se questo pezzo vi è scivolato addosso come olio, tranquilli, non sarete né i primi né gli ultimi; ma se avete avvertito un pizzicotto all'altezza del cuore, magari un po' di ragione me la data. Si vive bene anche così, non c'è meno gusto a mettersi a tavola. Semplicemente ci si può accollare a buon diritto il titolo di "Re degli animali". O no, semplicemente si può guardare negli occhi una mucca e dirle: "Ora sto bene, sono felice, ora non ti mangio più". Lo dice il caro Kafka.

lunedì 17 dicembre 2012

Avvertenze: da qui in poi ci si annoierà.

Questo sarà l'ultima cosa semiseria che scriverò, almeno fino alla fine delle vacanze, che per me iniziano sabato perché vado a Catania dai miei nonni <3. Per un po' solo saggi brevi. Perché? Perché ho capito che esistono dei professori a cui non interessa niente quanto sei bravo a mettere insieme costruzioni che non c'entrano un cazzo le une con le altre e le fai pure star bene insieme. Giustamente, avrei dovuto capirlo prima. Ho scelto il liceo CLASSICO, quindi ho beccato un prof che vuole che scriva in modo classico. Per esempio, se leggesse i temi di grushenka di quand'era al classico e imitava Kerouac scrivendo frasi senza soggetto composte da una parola le darebbe due. E forse anche al Many, che sbaglia volutamente i congiuntivi, appiopperebbe un'insufficienza. E dire che ritrovarmi con un sette e mezzo allo scritto... Cavolo ragazzi, non avevo mai preso un voto tanto basso. Eppure mi riusciva piuttosto bene, non avevo ancora trovato un professore che mi desse meno di otto in un tema (ed è successo una volta sola). Questo mi ha fatto un po' scendere dal piedistallo: può sempre capitarti quello che non vede il genio che altri hanno subito riconosciuto. Ma ecco, magari sbagliavano gli altri. Chissà. Forse non ce l'ho, il dono di scrivere bene. Sì, forse non ce l'ho. L'argomentazione, okay, mi riesce bene, ma lo stile? Magari è il prof. ad essere toccato, che ne so?
No, aspetta, mi sto dando davvero troppe arie, devo finirla qui. Mi sto già scaricando un paio di saggi brevi per esercitarmi, visto che in greco sono sopra. Latino, speriamo. Non dico niente, per scaramanzia.

D'accordo, rileggendo questo post mi rendo conto che devo ancora lavorarci.

venerdì 9 novembre 2012

Mio bel roseto, 
alto, rendi brillante
il cielo, in sfumature diviso
dal petalo in gocce intriso. 
Sulle foglie tue stelle e etere scuro
giocane all'uomo nero.

Sempre al mio costato giaci, 
qualora io annaffi 
la terra cangiante.